Il pianto: è sempre qualcosa di negativo?
Buongiorno cari genitori!
Oggi parliamo della seconda causa di accesso al pronto soccorso pediatrico: il pianto nel lattante e neonato.
Quanti di noi si sono trovati a gestire la sera o in piena notte crisi di pianto inconsolabile, con bambini urlanti, con gambine estese e pancia gonfia? Quante di noi hanno pensato fossero coliche? E quante hanno invece pensato che il cucciolo avesse qualche problema di salute, misurando febbre, somministrando supposte nel dubbio del famoso mal d’orecchie ecc.?
Cerchiamo di pensare a queste situazioni, che tanti di noi hanno passato, ma tanti stanno vivendo quotidianamente.
Cosa fate quando il vostro bimbo piange? Cosa vi sembra dar loro sollievo? E cosa aggrava la situazione?
Ognuno di noi ha la sua risposta, ma esistono più o meno delle condizioni generali per spiegare perché il bimbo piange e, di conseguenza, perché migliora o peggiora con certe attenzioni.
⭐ Il pianto è il primo vero metodo di comunicazione dell’essere umano. Come avete potuto constatare, il pianto del neonato è molto più rumoroso e fastidioso di quello di un bimbo di 2 anni. Questo perché è un meccanismo di difesa, un modo che ha il bimbo per manifestare i suoi bisogni di sopravvivenza. Se non piangesse, non sapremmo quando ha fame, freddo o bisogno di essere cambiato.
Cito il libro “Il linguaggio del cuore” di Claudia Perdighe, che ha trovato la durata media del pianto dei bambini:
Primi 3 mesi: circa un’ora e mezza al giorno, con picco massimo intorno all’ottava settimana di vita e da qui diminuiscono.
Dopo i 3 mesi: circa un’ora al giorno.
Quindi, rassicuriamoci che tutti i bambini piangono. Tutti. E quando l’amica della vicina al mercato vi dice che il suo nipotino non piange mai, guardando con sdegno il vostro che è in piena crisi nel marsupio, sappiate che MENTE.
Quello che ho trovato fondamentale nella lettura di questo libro, che vi consiglio caldamente, è stato scoprire che il pianto è una manifestazione di un disagio e che interrompendolo non necessariamente interrompiamo il disagio stesso.
L’esempio è il ciuccio: se un bambino piange perché ha fame e noi gli diamo il ciuccio, smetterà di piangere per qualche minuto, ma non sarà sazio. Quindi, se vogliamo interrompere il pianto, dobbiamo anche essere subito pronti a capire quale ne sia la ragione e intervenire su quella.
Ci sono bambini che sono tranquilli solo in braccio o in fascia e che non c’è modo di lasciarli soli in una carrozzina o culletta. Questi bambini esprimono chiaramente un bisogno di contatto fisico e di attaccamento con il care giver, mamma o papà che sia. Se la sera piangono nel tentativo di posarli soli nel proprio lettino, non possiamo pensare che la causa siano coliche. La causa sarà il distacco. Se vogliamo quindi che il pianto cessi, dobbiamo rassicurarli e tenerli a contatto.
Semplice spiegato così no?
Un’altra cosa interessante trovata su questo libro è stata la descrizione del pianto come valvola di sfogo. Piangere stanca, lo sappiamo anche noi adulti. E piangere è una liberazione, perché spesso dopo una bella crisi ci sentiamo più leggeri. Ecco, i nostri piccoli fanno la stessa cosa.
Giornate particolarmente intense dal punto di vista sociale o delle attività, quelle giornate in cui il bimbo raggiunge le famose tappe di sviluppo, cioè raggiunge un nuovo obiettivo nella corsa all’indipendenza, sono epocali per noi, ma soprattutto per loro. Sono i loro momenti di gloria, che li sovreccitano prima di dormire. Per entrare quindi nel mood adatto al riposo, ecco qui che il nostro cucciolo si dispera per una buona mezz’ora. E magari erano 10 giorni che tirava tutta la notte o aveva al massimo un risveglio, per cui pensiamo subito a una regressione. Nessuna regressione, piange per far sfiatare la valvola della pentola pressione. Lasciatelo piangere, coccolandolo, rassicurandolo tra le vostre braccia per il tempo necessario. Sono sicura che la maggior parte di loro dormirà benissimo tutta la notte.
Ultima cosa, ma forse la più importante: non è colpa nostra se il cucciolo piange.
Una volta spiegati i meccanismi sopraccitati, capite come sia più facile dire che non siamo sempre noi i responsabili del loro pianto, e non siamo sempre noi quelli che possono salvarli.
❣️ Il pianto è fisiologico, aiuta a crescere i nostri bimbi, quindi lasciamoli piangere, facendo loro capire che siamo sempre con loro, anche nelle emozioni più difficili. ❣️
Se anche attuate tutte queste conoscenze il nostro bimbo continua a piangere e ci sembra inconsolabile, allora potremmo essere di fronte ad una condizione clinica che richieda un consulto medico. Quando quindi dobbiamo preoccuparci e ricorrere al pronto soccorso?
Quando nessuna cosa sembra calmarlo e il suo pianto è inabituale, come intensità e tonalità.
Quando ha la febbre oltre al pianto.
Quando si rifiuta di mangiare da diverse ore e/o il pannolino è asciutto dopo 2 cambi (assenza di urine per 6 ore) .
Quando vomita.
Per concludere, la maggior parte dei pianti sono fisiologici, ma se il nostro bimbo presenta i segni di gravità soprariportati, non esitiamo a richiedere un controllo.
Condividete questo articolo con una mamma e un papà che hanno bisogno di sentirsi rassicurati, che hanno bisogno di leggere queste parole.
E voi come avete affrontato il pianto dei vostri bebè?
A presto,
Martina